domenica 25 maggio 2008

Il vecchio e il vento

IL VECCHIO E IL VENTO

Parigi , Montmartre , come ogni mattina la brezza, tipicamente francese, ed i colori autunnali sembravano scandire i secondi di una vita che inizia la sua giornata, lenta, con un movimento di forme e colori che, con inusuale calma, rendeva lucente quest’isola ormai perduta, lontana dalla feroce frenesia dei grandi magazzini, dei manager rampanti tra i grattacieli del centro, delle code di turisti al Louvre, davanti alla Tour Eiffel ,delle file per comprare la grande occasione nei magazzini Lafajette o per fare un giro sulla Senna sul Bateaumouche.

Accompagnati dalla musica di tre violini in piazza , musica che il vento portava con sé, qualcuno già gustava brioches e cappuccino ai tavolini, come rito irrinunciabile del mattino per augurare la buona giornata. Piccole foglie cadute dagli alti alberi adornavano con colori pacati la nascita del mercatino di prodotti tipicamente francesi e non, che rendevano il luogo un paese nel paese.

C’erano le ceste costruite a mano da artigiani, buttate casualmente sopra e sotto il banchetto, c’era poi Francoise che vendeva stoffe provenzali, c’era Martin che vendeva aglio, pane, dolci e tutto ciò che rendeva Parigi unica nel suo genere. C’era il banchetto della frutta, dei fiori, c’era la vita della signora che andava a comprare col suo cestello, che pensava cosa cucinare, come adornare la casa.

Le foglie color rosso scuro , giallo, marroncino, rosso vivo , rendevano l’autunno un quadro di colori che faceva da cornice ai lenti passi degli artisti che posizionavano tele e quadri, in piazza ,dove avrebbero lavorato tutta la giornata,come sempre ,con la calma di chi vive sopra le cose, distaccato dalle cose.

E’ vero , c’era anche chi con una tela bianca aspettava i turisti per fare loro un ritratto, ma per lo più serviva a sbarcare il lunario , perché ognuno di loro creava nel proprio scantinato o nella propria soffitta opere uniche per originalità , semplicità, colori e immagini. Mark era un ragazzo tedesco, arrivato da poco a Parigi per apprendere l’arte dell’architettura, era iscritto all’università e dopo aver visitato musei, palazzi storici e moderni , scopriva ora ,per la prima volta, un mondo meno reale, descritto solo sui libri, dai racconti di chi c’era stato. Un mondo che non aveva regole fisse, che viveva alla giornata con la coscienza ed il piacere di questo.

Così svegliatosi presto , era arrivato in piazza, prima di tutti, e aveva assaporato il mattino come un dolce che rendeva ricchi gli effluvi di un piacere corporeo e mentale. Lui che era una persona razionale provava per la prima volta una sensazione nuova, incontrollabile dalla mente.

In realtà prima di partire per Parigi, un vecchio saggio, gli aveva detto “Vedrai , vai a Montmartre, passeggia tra gli artisti, respira l’aria che ti circonda e scoprirai un mondo nuovo che saprà aprire il tuo cuore. E se avrai fortuna,quando tornerai sarai più ricco” E dicendo questo portava il pugno al cuore.Allora il ragazzo aveva chiesto spiegazioni al vecchio saggio, senza ottenere ,però, alcuna risposta e la scoperta di ciò che voleva dire il vecchio lo aveva portato quella mattina a visitare la piazza,incuriosito da quelle parole. Era un ragazzo molto razionale, intelligente sicuramente, ma poco incline alla fantasia ,curioso al punto giusto ed era sempre stimolato a conoscere, a capire.

E anche se il suo cuore, normalmente, era abituato a soccombere alla mente ,il destino gli aveva riservato qualcosa di diverso, di unico, che lui non poteva presagire. Ma ora poteva solo respirare quella leggera brezza che donava una calma e letizia irreale e con passi lenti, incuriosito ,si aggirava tra gli artisti che esponevano, cercando per timidezza, di nascondere i suoi occhi curiosi e smaniosi di carpire qualche immagine impressa sulle tele. Con il buon gusto e la riservatezza di non invadere il mondo altrui sembrava quasi non volesse mostrare attenzione alle tele stesse.

Passò tra di loro, volgendo lo sguardo ,ora tra i colori degli alberi, ora tra quelli delle tele, poi, d’un tratto la sua attenzione si soffermò su un piccolo omino , un po’ discosto dagli altri, davanti ad un treppiede ed una tela, con un pennello in mano. Aveva il classico basco da pittore, la camicia aperta su una vecchia maglia bianca ,colorata da pennellate non finite sulla tela, pantaloni sbuffanti sulle caviglie, sguardo attento ,saggio e concentrato sulla tela stessa.

Si avvicinò a lui ,vedeva il retro della tela e volle fare il giro per ammirare ciò che faceva questo piccolo artista. Lo stupore fu immenso quando apparve ai suoi occhi una tela completamente bianca, in basso ,a sinistra un piccolo puntino colorato che il pittore stava osservando, con attenzione inusuale ,quasi fosse la tela a parlargli.

“Buongiorno ragazzo” – disse il pittore – senza togliere lo sguardo dalla tela.

“Che cos’è ?” – chiese timidamente Mark

“Hai fatto la domanda sbagliata ,ragazzo, nessuno può dire che cosa è , fammi la domanda giusta, così parleremo la stessa lingua” – rispose il vecchio.

“Come ..come … non saprei” – balbettò Mark con uno stentato francese.

Ora il volto del vecchio incontrò quello del ragazzo ed i suoi occhi profondi, inaspettatamente giovani, sprofondarono con intensa lucidità in quelli timidi del ragazzo. “Cosa senti – ragazzo?” –aggiunse il pittore – “rispondi alla mia domanda”.

“Sento la musica, sento la brezza accarezzarmi il volto, sento il rumore delle foglie sugli alberi…”

rispose il ragazzo.

“Ecco vedi che cominci a capire” – disse il vecchio – “ e ora dimmi quante di quelle cose che mi hai detto puoi afferrare con le mani e vedere con gli occhi?”

“Ma..ma.. nessuna , però io le sento, mi sembra di vederle”.

“Ora hai aperto la mente al tuo cuore, ora parliamo la stessa lingua, cosa è questo puntino sulla tela? E’ quello che vuoi che sia, lascia lavorare i sentimenti, non è altro che brezza, musica , colore, forma”

“La prego , continui, vorrei imparare a capire ” disse la voce del ragazzo, confuso, stupito , come chi prima di entrare in un nuovo mondo, si ferma alcuni attimi sulla soglia, quasi a cercare la forza per esplorare. Ora il vecchio si lasciò andare e continuò con tono pacato ,deciso e coinvolgente.

“Vedi , caro ragazzo, questo piccolo puntino colorato ha un colore,una forma , una dimensione sproporzionata alla tela,ma ti permette di riflettere, osservare, di cercare qualcosa che è diverso per ognuno di noi, esattamente come tu senti il vento, al tatto sulla pelle, oppure il suo rumore che è musica come la melodia dei violini. Il puntino è lì pronto per essere osservato nel suo profondo e quello che vedi tu non lo vede un altro. Il puntino non è arte, è arte trasmettere qualcosa, far percorrere l’animo dai sentimenti. L’arte non può essere una fotografia , precisa. Nessuno può raffigurare un sentimento, l’arte è lo scatenarsi dei sentimenti. Tu vedi positivo ciò che un altro vede negativo. Il vero artista è colui che sa suscitare sensazioni,le più diverse, mai uguali davanti ad un soggetto”.

Il ragazzo ascoltava in silenzio ,stupito ed estasiato da quale animo si nascondesse in quel vecchio e saggio corpo.

“Lo sai qual’e’ la migliore tela ? E’ il cielo, perché un magico pennello,ogni giorno, sa emozionarci sempre. E noi leggiamo la sua tela, oggi, domani…sempre” - aggiunse il vecchio.

“Come ..come l’impressionismo” sussurrò timidamente il ragazzo con fare interrogativo, cercando nella sua mente un riferimento agli studi passati.

“Vedi queste tele , appoggiate in terra al treppiede, nascoste al pubblico, queste sono le mie opere, ma non tutte sanno essere lette , così come il puntino esposto. Bisogna saper leggere con i sentimenti , non con la mente. Vedi , l’impressionismo che studi a scuola non è arte è solo lo strumento per suscitare sensazioni, per vedere non la figura, ma il suo movimento. L’arte nasce se la tela suscita in te qualcosa , un movimento, un cambiamento, se vedi e ascolti ciò che non c’è.”

Sollevò tre di queste tele e apparvero agli occhi del ragazzo immagini straordinarie di sentimenti inespressi, un balletto di sensazioni contrastanti tra loro, la ricerca del proprio io con la coscienza dell’essere.

Ecco cosa vide raffigurato in quelle tele disegnate.

“Maestro , sono confuso , farò tesoro della sua lezione , ora vedo con altri occhi le stesse cose”. Poi quasi appagato e timidamente confuso, salutò il vecchio con un semplice banale cenno e si girò.

Il vecchio chiamò il ragazzo , che stava allontanandosi, e disse “Voglio farti un regalo sperando che tu possa

ricordare ”

Cercò affannosamente nelle sue tasche , poi tirò fuori la mano stringendo un piccolo tondino di metallo grigio e glielo porse in regalo.

“Ma cosa è ?” chiese il ragazzo stupito.

“Dimmelo tu ” rispose il pittore , portando il suo sguardo sulla tela col puntino.

Il ragazzo si girò , mise in tasca l’originale regalo, e assaporando l’ultima brezza andò via ripetendo fra sé e sé:

“Ho imparato la lezione, ho imparato….”.

1 commento:

Sonia ha detto...

Mi piacciono veramente tanto questi racconti. Sono semplici ma racchiudono un significato profondo da prendere ad esempio per vivere la nostra vita, tutti i giorni. Complimenti!

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